“Aforismi e cartoline” di Manolia Gregori
Recensione di Paolo Baroni
Nel libro Aforismi e cartoline di Manolia Gregori possiamo leggere la Prefazione dell’autrice in cui esprime il motivo che l’ha spinta a scrivere questo libello, come lei lo definisce. La spiegazione di questa esigenza viene descritta distinguendo Aforismi e cartoline da tutta la produzione letteraria di Manolia. I suoi racconti e i suoi romanzi, afferma, si sono formati come le stalattiti di una grotta: nel tempo lentamente si sono accumulati a costituire una massa critica che è esplosa e ha chiesto di vedere la luce. Sono nati quindi da un’esigenza personale di scrittura.
Gli aforismi di questo libro sono un’altra cosa: rappresentano un omaggio che l’autrice porge alla sua infanzia sconclusionata e vagabonda, dove le figure delle due nonne Adele e Bina si stagliano come dispensatrici di una saggezza nata dall’esperienza e tradotta in considerazioni semplici e taglienti. Il desiderio di scrivere in questo caso non nasce da un’esigenza personale ma da una schietta voglia di condividere episodi del passato che sono oggi ancora calzanti e validi. Porli entro una narrazione che avesse fatto da cornice, da collegamento, li avrebbe resi meno efficaci, disperdendoli come una collana di perle naturali in un cofanetto di altri gioielli, avrebbe sminuito il loro valore, confuso e annebbiato la loro luce. Quella di Manolia è invece una scelta letteraria che, per la mia esperienza di lettore, risulta assolutamente centrata. Ogni aforisma non viene affogato in una narrazione estranea, ma è inserito nel contesto famigliare che ne delinea la genesi, descrive il momento della rivelazione e l’emozione provata nel ricordarlo.
Le foto e le cartoline che sono inserite nelle pagine mostrano al lettore i luoghi e i protagonisti principali delle storie. Perché ancora una volta di storie si tratta, vissute da persone vere non da attori o figurine stereotipate. C’è il collezionista di pipe che dà troppo valore alle cose e c’è un certo Luciano che rischiò di morire sotto il trattore; ecco Teresilla la vicina divulgatrice di notizie e il tassista arguto, e poi Lido, il saggio padre di Manolia, e Pidocchino il testardo, Gino il pasticcere, Bertuccia la vedova, nonno Ticco analfabeta intelligente, Liliana dalle due mani sinistre, il professore genio e il massacrante logorroico. Su tutti svettano le due nonne che Manolia rende personaggi indimenticabili.
L’autrice, in maniera leggera, spesso spiritosa, sempre piacevole, ci racconta della sua vita, della sua infanzia, ci descrive Todi, S. Michele in Teverina e dintorni, i luoghi che l’hanno vista crescere e formarsi. Ci prende per mano e ci fa respirare l’aria dell’Umbria, arricchendo la narrazione con commenti, chiarimenti e con altri aforismi suoi personali che rendono questa collana di perle di saggezza un caleidoscopio narrativo.
La foto di copertina merita una riflessione. Con un semplice scatto, Paola Giardi è riuscita a sintetizzare il significato del lavoro di Manolia: due vasi, disuguali nella forma, affini nei colori, una coppia diversa e uguale come furono Adele e Bina, e un filo di perle che dà luce e si riflette. Una metafora, un preludio per un libro che senza dubbio ravviverà la memoria di tutti noi.
Posso commentare solo la recensione che trovo molto ben centrata e capace di creare una aspettativa precisa al lettore. Non potrò essere presente per congratularmi con la scrittrice che già conosco ma certamente spero di poter trovare il libro in libreria appena tornerò in Italia.
Complimenti a Manolia Gregori e al recensore Paolo Baroni.