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Il Signor Sonno

#PABlog Tema 2: Una fiaba o una favola moderna
L’immagine di copertina è di Sheila Bandini.

Il signor Sonno era un uomo alto alto e magro magro che indossava sempre un piccolo cappello rotondo e portava con sé una piccolissima valigia marrone. Era difficile far caso alla valigia tanto era piccola in confronto all’elevata statura dell’uomo.

Il signor Sonno aveva un gran da fare perché ogni sera bussava alla porta di camera di tutti i bimbi prima che andassero a dormire. Una volta entrato, dalla valigia, il signor Sonno tirava fuori ogni sorta di strumento musicale: oggi un flauto, ieri un pianoforte e chissà domani quale altro strumento avrebbe estratto dalla sua piccolissima borsa.

Poi, dopo aver selezionato lo strumento più adatto al piccolo bambino che era andato a trovare, si lasciava andare ad una melodia senza precedenti e ogni bambino si faceva cullare da quelle dolci note. Si dice che le sue melodie avessero ispirato gli allora piccoli Beethoven e Mozart e avessero contribuito al loro successo.

Un giorno il signor Sonno bussò alla porta di un bambino che non gli aprì.  TOC TOC TOC, – forse ho sbagliato orario – pensò, ma nel vedere che erano appena le 20,30, si accertò di essere puntuale. Ribussò con maggior insistenza.

«Non c’è nessuno», si sentì rispondere.

Ma come era possibile che qualcuno rispondesse se non c’era nessuno. Timidamente si presentò: «Sono il signor Sonno», disse.

«NO, non voglio dormire! È ancora presto e io non HO sonno», rispose una vocina molto decisa.

L’uomo alto alto e magro magro non era solito insistere, quindi se ne andò.

La sera seguente, il signor Sonno, ribussò alla porta del bambino, ma ricevette la stessa risposta: «Non voglio andare a letto. È presto e io non ho sonno».

Anche per questa volta il signor Sonno non insistette.

La sera successiva, alle 20,30 in punto (il signor Sonno teneva in seria considerazione la puntualità), il Signor Sonno si ripresentò alla porta del bambino.

TOC TOC TOC, ma nessuna voce rispose. Riprovò la seconda volta, ma neppure a questa ricevette risposta.

Allora, timidamente, aprì la porta (bastava socchiuderla poco poco tanto lui era magro magro).

Vide il piccolo bambino con i capelli tutti arruffati che dormiva profondamente nel suo lettino e accanto a lui un omino basso basso e un po’ rotondetto.

«Salve – salutò il signor Sonno, togliendosi il cappello e facendo un accenno di inchino, – sono il signor Sonno».

«Salve a lei, – rispose l’omino basso basso e un po’ rotondetto, facendo un accenno di inchino (così era solito fare tra gentiluomini), – io sono il signor Pisolino, ma tutti mi chiamano Lino. Il nostro piccolo amico stamani non riusciva a tenere gli occhi aperti dal gran sonno che aveva e quindi sono dovuto intervenire io», disse il signor Pisolino, che tutti chiamavano Lino.

«Hai fatto bene, sono due sere di seguito che busso a quella porta, ma il piccolo bambino non mi ha mai fatto entrare. Ora però è bene che si riposi, rimarrò io con lui – disse il signor Sonno – e gli suonerò un bel violino per fargli fare dei bei sogni».

Il giorno dopo il sole era già alto quando il bambino aprì gli occhi. Ora sì che si sentiva bene. Arrivato a scuola andò a giocare subito con il suo migliore amico.

«Ben tornato! – gli disse l’amico – Peccato che ieri ti sei addormentato, è arrivato un trattore grandissimo per mostrarci come si taglia il grano e a turno a noi bambini, ci è stato permesso di salire alla guida. Dovevi vedermi!».

Il piccolo bambino era molto deluso ed era tanto invidioso della grandiosa giornata del giorno prima così si ripromise che quella sera avrebbe certamente aperto la porta al signor Sonno e sarebbe andato a nanna come tutti gli altri bambini.

Sheila Bandini

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