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Biancaneve

Secondo il pensiero di alcuni studiosi, il linguaggio della fiaba può essere considerato il linguaggio dell’umanità, di tutte le età e di tutte le razze e civiltà.

La fiaba è una storia archetipica ed è sempre costituita da alcuni elementi:
l’introduzione – tempo, spazio e personaggi;
l’esposizione – inizio del problema;
la peripezia;
– la lisi, dissolvimento del problema
la formula conclusiva, necessaria per non rimanere nel mondo onirico infantile dove la fiaba ci ha condotto.
In ultimo, quasi sempre è presente fortissima l’immagine; per esempio nella fiaba di Perrault “Le fate”, la figlia cattiva vomita rospi e serpenti.

Attraverso le fiabe, possiamo mettere in atto il tentativo di “riconoscersi”, cioè il processo personale e culturale individuale attraverso quella esperienza e afferrarne il significato, cioè il senso della vita, anche se una parte della vita è perduta.

C’era una volta, in un paese lontano lontano… è sempre l’introduzione che si colloca fuori dal tempo, cioè il nessun luogo dell’inconscio collettivo e l’immagine nella fiaba di Biancaneve arriva subito e potente: una volta, nel cuore dell’inverno, mentre i fiocchi di neve cadevano dal cielo come piume, una regina cuciva, seduta accanto a una finestra dalla cornice d’ebano. E così, cucendo e alzando gli occhi per guardare la neve, si punse un dito, e caddero nella neve tre gocce di sangue…

È inverno, è freddo, tutto è silenzio e tristezza. L’inizio ci introduce in un tempo in cui i nostri sentimenti intorpiditi e paralizzati hanno bisogno di essere rigenerati. La neve e il gelo coprono ogni cosa e se fosse sempre così, non ci sarebbe più vita, perché solo il calore ha il potere di mantenere la vita. Così quando ci manca il calore di un altro essere umano, solo allora si comprende quanto valore può avere un poco di calore rimasto.
È questa l’immagine della goccia di sangue sulla neve; una speranza, legata forse a un calore passato.
Ma è proprio nel cuore dell’inverno che inizia un nuovo tempo, un nuovo giorno, tramite una puntura, un dolore che segna la rinascita con il calore prima e la generatività, il passaggio cioè da una vita fredda e sterile a una possibilità di speranza e di riscatto.

La regina, madre di Biancaneve, muore nel darla alla luce; ciò che prima aveva valore, ora non lo ha più se non per dare origine a una nuova vita, una nuova condizione, un tempo nuovo.
La regina è sola, non c’è il re e non ci sono figli che conducono verso il futuro.
Sola, di fronte a una finestra con una cornice di ebano. Può solo guardare fuori, da cui peraltro si vede solo una parte del paesaggio; sentirsi prigioniera, ma nello stesso tempo può sentire il desiderio di andare oltre il presente, oltre la nostra prigione interiore. E scoprire che quello che da bambini si è sofferto, da adulti si può sopportare e ancora di più si può scoprire che abbiamo sofferto non tanto per come è il mondo, ma per come lo immaginavamo e allora possiamo accettare che intorno alla vita di ognuno di noi ci sia una oscura cornice di ebano e che pertanto siamo ciò che i nostri antenati ci hanno trasmesso.

Eppure, in questo momento di desolazione, la regina non sta con le mani in mano, ma cuce ed è dimostrato che cucire serve a mantenerci attivi proprio in quegli stati malinconici e depressivi.

A questo punto avviene che la regina si punge un dito con l’ago e tre gocce di sangue cadono sulla neve.
Tre gocce di sangue che ci riportano al tepore e al calore: neve come immagine di morte, sangue di vita, due opposti che si scontrano per generare qualcosa di nuovo.
La regina esprime il desiderio di avere una bambina caratterizzata dai colori nero, bianco e rosso.

Secondo il pensiero di Jung, la sequenza dei colori esprime simbolicamente il processo di sviluppo e trasformazione di un individuo.

Ma la nostra trasformazione non è così scontata. Spesso la ripetitività della nostra vita sembra rassicuraci benché contemporaneamente ci possa apparire un po’ noiosa e aspireremmo ad averla perfetta. Eppure la trasformazione sta nelle piccole cose di ogni giorno e nel seguire un primo piccolo impulso del “fare”.
La figlioletta bianca come la neve, rossa come il sangue e dai capelli neri, rappresenta la rinascita di una coscienza fino a quel momento congelata. Il simbolo di una nuova vita, di un cambiamento significativo.
Ecco che giunge il tempo in cui compare un nuovo aspetto femminile dell’anima: nasce una bambina.
L’archetipo della figura materna ha in sé bene e male, fertilità e sterilità, vita e morte. La matrigna di Biancaneve rappresenta un aspetto della dea madre ovvero la personificazione dei loro sentimenti offesi, della loro vanità, del loro risentimento.

Quindi arriva il tempo in cui Biancaneve, sotto l’effetto di un maleficio, cade in un sonno profondo, un sonno di morte. La pubertà è una stagione in cui solo una parte, quella naturale, è sviluppata, matura, ma l’altra quella che permette di entrare consapevoli nella realtà degli adulti ha bisogno di un tempo ulteriore. Sonno come morte apparente, una sospensione del fare, una necessità della natura femminile di prendersi tempo. Sonno come rinuncia forzata di un fare-impulso che non può ancora corrispondere con un fare consapevole. Il veleno deve essere metabolizzato, la figlia dovrà essere capace di reggere la frustrazione, dovrà imparare che la sua generatività viene soprattutto dalla sua capacità di trattenere gli impulsi, che non potrà, come nell’infanzia, avere tutto e subito. Venire in contatto con il veleno può essere interpretato come la necessità di accogliere della vita, non solo quello che ci piace, vedi il gioco dell’infanzia, ma anche di reggere ciò che di amaro, doloroso ci può capitare.
E perché l’amarezza della vita venga accolta, ha bisogno di tempo per essere elaborata, quindi un lungo sonno perché l’amaro si trasformi in saggezza.
Il processo di trasformazione non può essere forzato, né accelerato perché i principi non salvano le principesse ma “il principe ordinò ai suoi servi di portare la bara sulle spalle. Ora avvenne che essi inciamparono in uno sterpo e per la scossa quel pezzo di mela avvelenata le uscì dalla gola.”

Accade ciò che deve accadere e solo con ciò si potrà fare.

L’immagine di copertina è stata creata dai grafici di a.l.a.

Loredana Sardini


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