Recensione di Renato Campinoti
Maila Meini: Alla luce dei lampioni nella via
Sapete perché è bello e difficile parlare dell’ultima silloge poetica di Maila Meini? È bello perché sono sempre una sorpresa e affascinanti le sue poesie e io, che tutte le ho lette e commentate con lei, posso dirlo convinto: questa volta Maila si è superata. Almeno fino alla prossima raccolta di cui, sono convinto, Maila sta già correggendo le bozze. Sennò cosa farebbe in questo maledetto tempo di pandemia? Volete sentire qualche verso per convincervi con me che la poetessa di razza coglie sempre nel segno? Che, il poi, il segno, sono le emozioni che suscita in noi appassionati suoi lettori.
Maila parte da “L’attesa è un momento di silenzio/Così getto anch’io l’ancora nel porto/dell’inquieto saper vivere ad oltranza” (Nell’aria). Poi, sullo stesso registro, ci sorprende con questa chiusa: “Oggi l’aria è pesante, inumidita/dalla pioggia invisibile degli anni/che scivolano via dal calendario/e si accumulano nell’ingordo ieri” (Una volta c’era stato tempo), dove quell’ingordo basta da solo a misurare la distanza che si crea tra il passato e il presente della vita “di noi sessantottini” (Verso l’inverno), come ancora ci ricorda la nostra poetessa per darci anche un indizio sul periodo della sua e della nostra vita in cui si collocano questi bellissimi versi.
E per finire con le frasi a sorpresa non si può non ricordare quelle “Fragili/parole vere cadono a casaccio/sopra l’ampia distesa della vita… Il mondo però resta un vecchio amico… sono sola con chiarezza oscena/nelle tenebre viola dei sospiri” (Il mondo però resta).
Come si capisce anche da questo breve assaggio delle poesie di Maila, e come del resto si intuisce dal titolo stesso della raccolta, questa volta il tema dominante è la notte, è la nostalgia, è la solitudine. Di questo non ci mette molto a convincerci la nostra cara poetessa, con le frasi ricordate, ancora di più con quelle di una poesia che è, a mio parere, l’emblema di questo aspetto della silloge: “L’acutezza improvvisa del dolore/mi stupisce e mi pugnala, attraversa/l’ovatta sporca del tempo che affonda… Sbarro/gli occhi all’improvviso nella notte buia/e mi vesto dei gesti consueti, mentre/la vera oscurità fa capolino/oltre il vetro appannato dai fantasmi” (L’acutezza improvvisa).
Maila tornerà ripetutamente sul tema della notte come momento in cui i suoi (e i nostri) fantasmi si scatenano a ricordarci i rimpianti o, più acutamente, la tristezza della solitudine. Basterà ascoltare, per tutte, le parole dolorose di “Stare soli”, dove “Soprattutto la notte non sentire/nessuno qui accanto mi lascia in balia/dei rumori dei muri, del vento che vibra sui vetri… il vuoto oscuro/mi inquieta/la nota dell’essere/soli, stonati e appassiti, consuma…”.
Insomma, a fermarci a queste note della raccolta, certamente il tema del tempo che passa, dei rimpianti e della nostalgia che ci assale paiono essere l’unica emozione che ci viene trasmessa.
Ma vi assicuro che non è così.
E qui inizia la difficoltà di parlare di una raccolta poetica come questa. Proprio perché Maila, neppure questa volta, si fa ingabbiare in un solo registro.
Soprattutto non ci sta a farsi imprigionare in un mondo di nostalgia e di rimpianti. E lo dice con chiarezza in molte poesie e, tra queste, le due che a me sono sembrate più emblematiche di questa “resistenza” di Maila a cadere nella trappola. “Tengo aperta/la mente e scruto il buio… in cerca di un soffio di gioia/che mi spinga avanti senza tregua” (Tengo aperta). E ancora. “La nebbia del cuore mi imprigiona…Solo è che non voglio. E mi ribello/odio l’oscurità che non si vede… Cerco accanita una luce d’ambra… Il pendio scavalco con i corvi neri… Cado e sempre mi rialzo/e più cammino/più l’aria intorno a me appare calma…” (Cado e sempre mi rialzo). Dove viene fuori la combattente, che non si arrende neppure di fronte al buio e ai sentieri scoscesi della vita.
Ma allora Maila cosa vuol dirci con questa silloge? Tante cose, mi viene da dire. Soprattutto che, anche quando si è inciampati più volte negli ostacoli e ci siamo fatti male, si può tuttavia arrivare dove arriva lei con una delle poesie più belle (la più bella ve la dico fra poco!): “Adoro la solitudine/e il silenzio, turbato soltanto/dai moti inafferrabili dei soci/miei alati, i pensieri spensierati” (Il sole è impegnato”).
Non meno sorpresi, soprattutto coloro che vogliono trovare solo rassegnazione e tristezza, è quando Maila ci serve una poesia dove mette insieme la tristezza di versi negativi: “Se mi affaccio oltre il bordo della vita/vedo solo onde scure affamate…”, per reagire poco dopo con questa chiusa: “Da ridere mi viene/una risata di gola… uno schiaffo al mondo nell’aria silenziosa/della notte…” (Mi viene da ridere).
E sono tanti altri i temi e i soggetti che Maila chiama in causa, per farci il racconto della sua bella e generosa anima. Il mare, anzitutto, che troverete in almeno un terzo delle 184 (centottantaquattro!) poesie come emblema dei suoi momenti difficili “… le creste/delle onde continuano a schiantarsi/contro la battigia che non ha difese” (Contro la battigia).
Ma il mare è anche il luogo della sua reazione: “sull’orlo della spiaggia dove canto/quanto la natura è resiliente” (Dove canto)
L’altro tema ricorrente in queste poesie sono quelli che, come dice lei stessa, “nipoti e figli che fanno da padroni a casa mia” (Adoro). E più ancora “I figli dei miei figli… S’infilano/nelle pieghe stridenti dei pensieri come se io fossi vetro trasparente” (I figli dei miei figli). Non manca un inno alla sua passione per la lettura: “I libri alzano robuste dighe/contro il terrore che ci soffia contro” (Leggi).
Per finire con i temi ricorrenti ecco arrivare la vera natura, a mio modo di vedere, di questa bella persona: la socialità, lo stare con gli altri a dare e prendere pezzi di vita: “Germoglia dentro/la gioia/tutt’a un tratto… nell’uscire…/verso la formicolante varietà del mondo esterno” (Tutt’a un tratto).
E per smentire l’idea (sei stata tu Maila a suggerirla, con il titolo e un po’ di tinte forti sparse nelle poesie più tristi?) che si tratti di un volume “a senso unico” (nostalgia e tristezza, per intenderci) ecco la più bella poesia della raccolta, un inno alla speranza e un atto d’amore per il mondo:
“Che mondo sarebbe se l’uomo fosse/un uomo vero/e sempre/sulle labbra/danzante/gli aleggiasse un tenero/ sorriso…se noi donne,/le madri, non avessimo più colpe/e i figli fossero educati al bene?… Quello che vorrei!” (Che mondo sarebbe)
E anche noi, con te Maila, questo mondo vorremmo!
Hai scritto queste poesie prima della pandemia che ci assedia. Sembra tu l’abbia fatto apposta per dare a tutti noi da leggere qualcosa di bello, di struggente, talvolta anche di doloroso, ma sempre aperto, come è più che mai necessario, alla resilienza e al futuro. Grazie davvero meravigliosa poetessa!
Renato Campinoti, 10 gennaio 20022
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