Tema 9: Parliamo di scuola
Ero un giovane insegnante di matematica, trentenne, coniugato e con una figlia piccola quando, quell’anno, mi fu affidata una classe in un istituto professionale. Erano tutte studentesse vivaci e poco inclini allo studio.
Alice era la più carina della classe e la più disinibita. Sempre seducente e provocatoria, non perdeva occasione per mettere in mostra la sua disinvoltura.
Lei era quella che faceva tardi la sera, che andava a ballare, che fumava, che aveva il ragazzo grande che l’attendeva all’uscita di scuola a bordo di una macchina sportiva.
Anche le compagne, quanto a comportamenti, si facevano notare eccome!
«Professore, guardi cos’ha lei nella borsa!», urlò una volta un’allieva, mostrandomi un preservativo sottratto dalla borsetta della compagna.
«Boia come mi prude il culo!», sentenziò, un’altra, grattandosi vigorosamente il sedere.
«Ieri ho fatto una bella chiavata!», si confessò un’altra ancora, a voce alta e ben udibile da tutti.
Mi siano concesse queste espressioni poco felici, ma tali erano!
L’insegnamento era diventato un vero combattimento quotidiano, uno slalom da percorrere con la massima attenzione coniugando, anche con risultati insoddisfacenti, fermezza e diplomazia.
Come volle Iddio, arrivammo alla fine dell’anno e all’ultimo compito in classe, quello per molti risolutivo.
Il giorno del compito, classe schierata al gran completo, visi attenti e occhi ansiosi, vedo Alice al primo banco (strano perché in genere si parcheggiava in fondo all’aula) con una vistosa minigonna.
Distribuisco il testo dell’elaborato e mi sistemo in cattedra per la sorveglianza.Dopo alcuni minuti Alice spalanca completamente le gambe mettendosi ampiamente in mostra.
«Porca miseria! Ma guarda quella!», penso imbarazzatissimo, mentre in classe le espressioni delle alunne cambiano all’improvviso e, da serie e concentrate, mi accorgo che faticano a trattenere risolini e si scambiano occhiate d’intesa.
Non oso invitarla a stare più composta; significherebbe ammettere che ho guardato, che mi ci è cascato l’occhio e che quindi il giovane professore si è perduto nel paese delle meraviglie!
Allora mi alzo e comincio a girare tra i banchi mentre, insieme al disagio, comincia a montarmi la rabbia. Passano parecchi minuti, vorrei andarmi a sedere perché mi sono stancato di stare in piedi, ma non posso farlo perché c’è quella stupida con le gambe spalancate e le mutande in bella mostra.
Allora opto per il termosifone sotto la finestra, a lato della cattedra. Lì posso appoggiarmi e controllare la classe da una posizione un po’ più defilata mentre la superba continua imperterrita a prender fresco alle parti intime.
All’improvviso con la coda dell’occhio noto un movimento: Alice, con una rapida operazione della mano, fa scivolare ulteriormente in su la già ridottissima gonna, scoprendo una serie di geroglifici matematici accuratamente riprodotti sulle proprie ben tornite cosce e poi, altrettanto rapidamente, riporta la gonna quei due millimetri più in basso.
Non provo più imbarazzo, ma istinto omicida. Lucido, sebbene infuriato, riuscendo a mantenere una calma da gelo cosmico, mi avvicino alla divina, le tolgo il foglio del compito e sibilo: «Vattene fuori! Il compito è annullato e a settembre sarà il caso che tu venga ben preparata! … Molto ben preparata!».
Cala il sipario sul bel paese delle meraviglie di Alice che, mogia mogia e a testa bassa, ferita nell’orgoglio e nelle sue potenzialità di seduzione femminile, esce dall’aula in un silenzio di tomba.
Alice all’esame di riparazione a settembre verrà perfettamente preparata.
È stato un avvenimento che non ho più dimenticato e, se vogliamo, anche un’esperienza professionale, oltre che umana, significativa.
Ho rivisto Alice una sola volta, moltissimi anni dopo, fermandomi a un’edicola a comperare il giornale. Lei era l’edicolante.
Era ovviamente cambiata, si era leggermente appesantita e i tratti del suo volto erano quelli tipici della maturità che si conquista, giorno per giorno, sul campo della vita.
La riconobbi immediatamente.
Dall’espressione e dal rossore del viso capii che anche lei mi aveva riconosciuto.
L’immagine in copertina è stata realizzata dai grafici di a.l.a.
Tratto da Professore, adesso mi fai incazzare! di Danila Talamo e Marco Rodi edito da A.L.A. Libri
Bel ricordo di scuola! Mi ha suscitato episodi dell’ adolescenza, di quando eravamo noi studenti a reagire ai modi innocenti o provocatori delle nostre giovani insegnanti. Complimenti per il racconto, soprattutto per l’elegante finale di una situazione scabrosa con un risvolto educativo di sicuro effetto.
Non è stato semplice leggerti, meno male alla fine abbiamo risolto con la lettura del giornale …
Difficile essere studentesse ‘modello’ con un professore così resiliente ….insegnare a volte è una missione
Più che risvolto educativo il finale può essere assimilato ad un contrappasso dantesco.L’alunna,così estroversa,piena di risorse,incline alle …aperture ,finisce rinchiusa in una angusta edicola,dove le sue gambe non si possono nemmeno intravedere e ,fra lei e chi viene a comprare il giornale, c’è una barricata di carta stampata che induce alla lettura,quella stessa lettura che lei rifiutava da ragazzina…Lei arrossisce,si vergogna del suo passato.Forse meritava un po’ di Purgatorio,non un vero Inferno,ma si sa,la Vita non fa sconti a nessuno,meno i soliti,pochissimi,fortunati.