#PABlog Tema 4: Viaggiare
La foto è dell’autore.
Ricordo bene quando non potevo farlo, durante la pandemia. Uscivo di casa, prendevo la bicicletta e andavo a fare il turno in ospedale. Stessa routine per mesi e mesi. Percorrevo ogni strada possibile da casa a lavoro per variare il percorso. Qualche volta anche a piedi, altre volte in macchina. Guardavo il cielo, quando potevo al mare molto presto per prendere aria pulita dopo quelle tante ore in reparto indossando mascherine e respirando aria filtrata. “Ce la faremo!” Dicevano tutti. Viaggiavo nella mente e pensavo a dove potevo andare.
Eravamo tutti nella stessa tempesta e ognuno navigava a vista, non tutti con la stessa barca.
Allora la condivisione di avventure aiutava a staccare la spina. Montagna sulle Apuane, il primo bagno estivo da riscoprire, quel bar dove fanno il cappuccino buonissimo fuori regione, una bella sfogliatella napoletana, tornare a casa e salutare i parenti, semplice.
Sentire il peso delle distanze e sperare di non sentirle più. Il giorno del lockdown avevo annullato il Marocco. Non potevo più staccare la spina. Ieri non si poteva, oggi si può.
La prima risposta al Perché.
Quanto piacere e paura nell’uscire dal proprio sentiero mentale, quello che mi porta a seguire una routine desiderando qualcosa che spezza come una nave con le onde di un mare in tempesta. Ricordo la porta dei Leoni a Micene, un passato viaggio in camper.
La disegnai e la raccontai alla classe, ero alle elementari. Anche se quel disegno forse non lo troverò più tra fogli e tanti anni trascorsi, resta un gradevole ricordo di come fin da bambino mi piaceva esplorare il mondo, raccontarlo e condividerlo.
Torno alla domanda. Penso al il mio ultimo viaggio. L’8 marzo di questo anno è iniziata l’avventura in Lapponia Svedese. Ho avuto la fortuna, quasi vent’anni fa, di andare a Rovaniemi, in Finlandia, la casa di Babbo Natale, quello vero, mi piace pensarlo tutt’ora. Parlava non ricordo quante lingue, un gigante, tanta barba bianca. Mi sedetti accanto ed ero felice, ricordo.
Arrivammo lassù con il camper, paesaggi surreali, distanti dai nostri, mia sorella ed io che giocavamo a pallone vicino un fiordo con il sole poco sopra l’orizzonte. Sole a mezzanotte.
A distanza di anni, ho deciso un nuovo viaggio verso l’estremo freddo, nord Europa, a -20 gradi quando in Italia avevo freddo con 10, pazzia. Viaggiare è anche questo.
Un gruppo di sedici tra ragazzi e ragazze conosciuti sul posto. Due settimane prima qualche parola in chat di presentazione e condivisione: “Tu cosa porti, io cosa porto, farà freddo?”.
Ho passato giorni a programmare e 48 ore prima a disfare tutto e rimettere di nuovo. Il viaggio è anche questo. Sul letto tanti pacchetti sottovuoto di cose da mettere in uno zaino da 50 lt, avventura e poco riposo. Niente valigia. Mettevo tre cose, ne toglievo una ma poteva servire quindi: “Che fare?” Il peso dello zaino è il peso delle paure ma andavo in Lapponia non a Roma, pensai.
Partito senza conoscere nessuno, ma alla fine conoscevo tutti. Il primo incontro fatto a Roma Fiumicino. Timidi saluti e tanti dubbi. Il viaggio è stato attesa, del treno in ritardo per Roma, dell’ultimo pasto decente mangiato prima di partire per la Lapponia, Saltimbocca alla Romana.
Attesa e timore del Polar Express da Stoccolma a Kiruna. Quindici ore andata e altrettante al ritorno. Quante risate a cercare come aprire i letti. Abbiamo “preso in prestito” tre grucce dalla cabina accanto. Brindisi con prosecco del treno e biscotti dal vagone ristorante giocando a Taboo. Io ero Ornitorinco.
Montare su una slitta e lasciarsi trascinare dai cani verso un lago ghiacciato. Assurdo pensare che due giorni prima ero a lavoro.
La più bella attesa è stata l’Aurora Boreale sdraiato sulla neve, indossando una tuta polare, aspettando lo scatto giusto con la macchina fotografica. Come se l’Universo stesse suonando una melodia silenziosa arpeggiando le corde del cielo, un coro fatto di stelle e poi noi, umili osservatori. La danza di luce ci regala uno spettacolo unico, dimentico il freddo e dico a me stesso: “Io ci sono, sono qui”.
Marco Calcini
Viaggiare per vedere posti nuovi , per staccare la spina ma soprattutto per uscire dal proprio sentiero mentale con trepidazione, paura, curiosità. Attraversare la porta dei Leoni a Micene e chiedersi :-Come ne uscirò?
Ci sarà uno spaesamento, un cambiamento, una crescita. Un bel racconto Marco, di esperienze vissute.