Le foto sono dell’autrice
Tema 4
Che cosa intendiamo per viaggio?
La parola “viaggio” deriva dal latino “viaticus”, la via su cui ci muoviamo, oppure dal neutro “viaticum”, che indica il denaro, le provviste, ciò che serve quando si vuole iniziare un percorso.
Se pensiamo ad un viaggio, ci appare l’immagine di posti bellissimi dove siamo stati o dove poter andare per trascorrere una vacanza rilassante o avventurosa a seconda di che tipi siamo, di che cosa ci piace.
Quante vie nel mondo ci sono da percorrere e quante cose ci portiamo dietro che ci sembrano indispensabili sul momento e che invece non ci servono!
Lo sanno bene che cosa è necessario coloro che, al giorno d’oggi, intraprendono i vari cammini che percorrevano nel medioevo i pellegrini diretti a Santiago di Compostela: uno zaino leggero, dell’acqua e l’indispensabile credenziale che testimonia le varie mete raggiunte a piedi.
Chi viaggia per lavoro si porta dietro lo stretto necessario in una piccola valigetta, non pensa alla strada, alle cose belle che potrebbe vedere ma a quello che c’è da fare, da preparare, per una relazione ad esempio.
Oppure, a casa propria, possiamo aprire un atlante o un romanzo e ci affidiamo alla nostra fantasia che ci trasporterà in posti che non avremmo mai immaginato di raggiungere.
Oppure ancora, guardando un film, possiamo immedesimarci in qualcuno che, attivando i nostri neuroni specchio, ci farà fare viaggi straordinari magari in un altro pianeta.
E allora che cos’è un viaggio? Un’azione, un pensiero, una fantasia, un sogno, un desiderio?
Il viaggio è fuori o dentro di noi?
È forse un andare oltre i nostri confini, lasciarsi spaesare per trovare o ritrovare un altro diverso da noi?
Anche se torniamo indietro, non saremo più gli stessi. Non solo i nostri occhi saranno pieni di immagini che abbiamo catturato ma saranno le immagini stesse che ci rapiranno e, quando le riguarderemo, ci daranno un senso di vertigine, quasi come avviene nella sindrome di Stendhal. Così, di viaggio in viaggio, a piccoli passi, non saremo più “turisti” ma diventeremo dei “viaggiatori”.
Per un viaggiatore partire è lasciarsi indietro ciò che sembra difficile lasciare, come la quotidianità di ogni giorno, poi ci si accorge che è facile, che tutto ciò che sembra importante non conta più. Quando si è lontani, le priorità cambiano. E poi la sorpresa, il senso del nuovo è nel viaggio la carica per proseguire, il “carpe diem”, prendere ciò che viene e la curiosità di vedere e di vivere appieno ciò che accade.
Tutto questo mi succede quando faccio un viaggio, soprattutto con il camper.
Mi appaiono e condivido sprazzi di momenti intensi che conservo nella valigia che è sempre con me.
Ho davanti agli occhi l’immagine di un campeggio nelle isole Lofoten in Norvegia. Era da poco passata la mezzanotte. Eravamo arrivati qualche ora prima, avevamo mangiato e i bambini si erano addormentati. Era un piccolo campeggio vicinissimo alla spiaggia senza gestore. C’era una cassettina alla reception dove dovevamo mettere i soldi. C’erano altri due camper vicino a noi ma non c’era nessuno.
Filippo ed io ci siamo presi per mano e siamo andati sulla spiaggia bianca. Il sole brillava nel cielo di un azzurro tenue, leggermente rosato, il mare azzurro, trasparente, mostrava il fondo. In lontananza si vedevano i delfini che saltavano e sembravano giocare. Una felicità estrema ed una dolcezza mi pervase e gli occhi mi si inumidirono per la bellezza del paesaggio e del momento.
La visione dei delfini in Norvegia, mi porta in Irlanda, a Dingle, dove, nella baia avevamo visto i delfini saltare accanto alla nostra barca. Poi alle tre del pomeriggio, entrammo in un pub, davanti al mare, per mangiare qualcosa. Il locale era buio, con i tavolini di legno. La cameriera, graziosa e gentile, ci portò ostriche e birra nera, una Guinnes.
Le ostriche erano particolari, mai sentite così, erano morbide, saporite e ben si sposavano con il sapore un po’ amaro della birra, nera, con la schiuma bianca sopra. E poi il pane scuro, buonissimo, con un filo di burro.
In Italia ho assaggiato di nuovo la stessa marca di birra ma non è così buona come là, in Irlanda, dove la musica, che ti entra dentro e ti fa venire la voglia di ballare, il verde del paesaggio, costellato di puntolini bianchi, le pecore, il colore del mare verde-azzurro, i sapori del pane di tanti tipi diversi, i profumi dei fiori, della salsedine, portati dal vento, la pioggia sottile e leggera che sembra non bagnarti, le persone che ti salutano sempre quando passi con il camper, rimangono nel cuore.
Ritrovo in “Viaggiare” di Pessoa il mio sentire.
Viaggiare?
Per viaggiare basta esistere
passo di giorno in giorno
come di stazione in stazione
nel treno del mio destino
affacciato sulle finestre e sulle piazze
sui gesti e sui volti
sempre uguali e sempre diversi
come in fondo sono i paesaggi.
Grazia Chiarini
Molto bello e particolare, grazia. Evoca comunque sfumature e sensazioni anche in chi come me viaggia poco e in luoghi vicini. Il viaggio a piedi è l’avventura che mi manca. A Santiago per esempio o di crinale in crinale. Bellissime le immagini e i sapori del pub. E anche gli spunti filosofici.