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Parole, immagini, gioventù e speranza

La foto di Luca da Pixabay

Il 25 novembre si celebra la giornata internazionale contro la violenza sulle donne e in molti sentono il bisogno, ora più che mai, dopo l’ennesimo brutale assassinio di una donna, di dire una parola, una frase, un pensiero. Ciascuno di noi dovrebbe farlo, donne e soprattutto uomini, dovrebbero unirsi in un coro per moltiplicare un singolo sussurro in milioni di voci che universalmente gridino: BASTA.
In questa giornata sono in molti a radunarsi in piccoli gruppi o attraverso associazioni di cui fanno parte per condividere un impegno con letture, canti e slogan.
Qualcuno avrà visto circolare in rete il video degli studenti che trasformano in rumore il minuto di silenzio: aule magne stracolme, cortili invasi da ragazzi e ragazze che urlano a squarciagola ed emozionano i meno giovani nel ricordare manifestazioni studentesche di tanti anni fa.

Sarà capitato anche a voi di vedere il monologo recitato dalla brava Paola Cortellesi al David di Donatello anno 2018 dove si mostra con chiarezza sconcertante quanto sia radicato nel nostro linguaggio un retaggio sessista. La cosa onorevole è che sia stato un uomo a scrivere quel monologo, Stefano Bartezzaghi, giornalista, scrittore, enigmista come il padre, che qualcuno ricorderà per le sue difficili parole crociate a schema libero, pubblicate sui numeri della Settimana Enigmistica di qualche anno fa. Le parole descritte nel monologo vengono udite e usate continuamente nel nostro comunicare quotidiano, al punto che neanche facciamo più caso al loro uso e a quanto stridano nel momento in cui ci inorridiamo per efferati delitti e violenze sulle donne.
Un bel film, stranamente ancora con Paola Cortellesi che lo interpreta e lo dirige è uscito in questo periodo ed è molto apprezzato dalle critiche e dal pubblico: ci commuove, ci sveglia dal torpore della rassegnazione mostrandoci che quel passato, pensato lontano, è invece recente e che il cammino è ancora lungo e incerto sia per le donne che per gli uomini. C’è ancora domani, lo dice il titolo, si può ancora sperare di avere capacità e tempo per progredire e si sa, la speranza muove ogni rivoluzione. Allora si dipinga, si canti, si suoni, si legga e si scriva, si coltivi ogni arte per contrastare chi opprime e per dare rifugio a chi scappa dal sopruso. Nelle scuole e in casa ogni tanto si mettano via i libri, si parli con i ragazzi si ascolti di più quello che hanno da dire. Loro sono la speranza.

Siamo così logorati da un tempo che sembra non bastare mai, da corse senza sosta per raggiungere falso benessere e successo che pare non sia più importante fermarsi un momento per riflettere, per godere della bellezza di un paesaggio, per lasciarsi emozionare dai versi di una poesia o dalle parole di una canzone che spesso sono più belle delle melodie che le accompagnano, rimanendo sempre sulla superficie soltanto, di ogni cosa. Sembra quasi che si abbia ormai la convinzione che tutto questo sia una perdita di tempo e che ci si possa svegliare da un’atavica assuefazione alle cose sbagliate solamente dopo accadimenti sconvolgenti, dopo un terremoto, un’alluvione, una tempesta, dopo che morte e distruzione ci chiamano inevitabilmente a riflettere e a tentare di rimediare con nuove norme e costosi interventi, un po’ come colui che rinforza il proprio recinto dopo che il bestiame è scappato, tanto per citare un noto proverbio.

Allora si dipinga, si canti, si suoni , si legga e si scriva, si coltivi ogni arte, si faccia ora.

Sono una donna, non tanto giovane, Ingegnere con la A. In tanti, ancora oggi, continuano a chiamarmi Architetto, qualcuno, quello che vuole sembrare evoluto comincia a sostituire la O finale con la A, ma proprio non gli viene di chiamarmi Ingegnere o Ingegnera, semplicemente perché non sono uomo.  Alcuni nel dubbio mi chiamano “Dottoressa” e di solito sono i miei preferiti perché lo fanno per mostrarmi il loro apprezzamento per quel che faccio nello svolgimento della mia professione. Non scorderò mai un anziano muratore che in segno di rispetto volle farmi il baciamano confessandomi che non aveva mai visto una donna in un cantiere edile e si commosse quando scoprì che avevo gli anni di sua figlia dispiacendosi per non averla aiutata a scegliere la sua vita.

Elisabetta Lorini


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