Un romanzo distopico "vicino" a tutti noi"
Ho appena terminato di leggere In fuga dal vento di Marco Rodi e, come spesso mi succede quando lascio le pagine di un buon libro, ho sentito un senso di mancanza. Non di quel mondo tormentato, ma dei personaggi che lo abitano. La letteratura distopica, questo è il genere narrativo del libro, solitamente dipinge immagini inquietanti di società corrotte, o autoritarie, spesso decadenti, per cui il lettore è invitato a riflettere profondamente sulle conseguenze delle azioni presenti e passate dell’umanità. Un campanello d’allarme per i pericoli potenziali delle nostre scelte sbagliate. Il romanzo di Marco Rodi non si limita a incuterci il senso di angoscia tipico di questa letteratura, ma ci fa volgere l’attenzione principalmente verso i protagonisti dell’avventura, coloro che decidono, fin dalle prime pagine di reagire alla banalità di una morte annunciata. Lo sviluppo di un legame emotivo fra lettore e attori della vicenda si fa preponderante, con la relativa conseguente analisi delle sfumature dei loro caratteri, delle loro storie personali, dei loro impulsi, delle loro paure, delle loro decisioni. L’autore non si attarda a descrivere scientificamente l’origine del “male oscuro” che orbita attorno al mondo, ma volge la sua attenzione alle diverse, sfaccettate reazioni che ogni essere umano della vicenda mette in campo dinanzi a un pericolo mortale imminente. Non c’è alcuna banalizzazione, o esagerazione, tanto meno alcuna situazione surreale. Tutto è plausibile, e “vicino” a tutti noi da creare davvero un quadro verosimile e per questo ancora più angosciante. Dicevo che ci si affeziona ai protagonisti, perché di ognuno vengono rivelate forze e debolezze, aneliti, slanci, timori. Ognuno è a suo modo davvero “eroe per caso” e combatte non solo per sé ma anche per gli altri. Senza voler svelare il finale, c’è da aggiungere che il pessimismo che di solito si lega quasi sempre a questo apprezzato genere letterario, qui non è meno potente o meno incombente, ma trova un aroma di sollievo nella consapevolezza che l’animo umano, pur nella sua fragilità, è capace di riscatto, di slancio e talvolta può trovare un barlume di speranza nel mai abbastanza esaltato desiderio di unione.
Paolo Baroni
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